Recensione: La casa delle farfalle di Silvia Montemurro

Grazie alla casa editrice Rizzoli, dal 29 maggio le farfalle narrate da Silvia Montemurro nel suo nuovo romanzo hanno raggiunto il cuore di chiunque gli abbia dato l’opportunità di avvicinarsi. Noi l’abbiamo fatto, e ne siamo rimaste incantate.

Titolo: La casa delle farfalle
Autore: Silvia Montemurro
Genere: Narrativa
Editore: Rizzoli
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TRAMA

Anita ha trent'anni e insegna biologia all'Università di Colonia. Non ama gli aerei e soffre di vertigini, ma non saprebbe spiegarne il motivo. Quando la sua vita viene sconvolta da un tragico evento, in crisi lascia Hans, il suo compagno, per tornare nei luoghi dov'è cresciuta - in treno naturalmente. Lì, sul lago di Como, è decisa a ritrovare se stessa. Mentre passeggia cullata dallo sciabordio delle onde, incontra una bambina dai tratti giapponesi e dalla voce meravigliosa. Si chiama Yoko e, proprio come lei, è segnata da una ferita difficile da rimarginare. Presto Anita, leggendo il diario della nonna Lucrezia, scoprirà di essere legata a Yoko da una storia rimasta sepolta per anni, che unisce le loro famiglie. Tutto ha origine nel 1943, quando la casa di Lucrezia, la villa delle Farfalle, viene occupata da alcuni ufficiali tedeschi. Tra lei e Will, uno degli ufficiali, nasce un sentimento dirompente, ma la guerra sembra ostacolarli... In questo romanzo ricco di grazia e femminilità si intrecciano due storie mozzafiato, dal passato ai giorni nostri. Perché la forza dell'amore, quello vero, non si dissolve con il trascorrere degli anni ma perdura nel tempo.

RECENSIONE

Non esiste un unico volo, non c'è un percorso giusto da seguire. Ciascuno si crea la propria traiettoria, anche se a volte è fatta di salti nel buio.

Ernesta, Lucrezia, Margherita, Anita. E ancora Sakiko, Yu Kari, Cho, Yoko. Otto sono le donne, protagoniste indimenticabili del nuovo romanzo di Silvia Montemurro, assieme a una costante che le accompagnerà per generazioni: la presenza effimera, eppure inestinguibile, delle farfalle. Lepidotteri dai colori sgargianti, dipendenti da piante diverse, con altrettante diverse caratteristiche. Ma riunite per un unico scopo: donare forza a coloro che se ne prendono cura. Una forza che queste donne adoperano quotidianamente sfruttando il nettare che hanno stivato nel cuore e nella mente. Ognuna di loro, nessuna esclusa, ha un destino comune: avere a che fare con degli amori non sempre facili, a volte distanti, a volte crudeli, che non sempre affrontano nel migliore dei modi, restando fin troppo ancorate alla propria crisalide per timore di spiccare il volo. Tutte custodiscono gelosamente i propri segreti. Tutte si chiudono a riccio per timore di non essere comprese. Tutte, però, trovano la forza di lottare per cercare il proprio posto nel mondo. Otto donne, quattro generazioni a confronto ed un unico leit motiv: il farfallario, teatro di segreti, di atti d'amore, il rifugium peccatorum di questa dinastia matriarcale.

Anita è la prima donna con cui si entra in contatto iniziando il libro. Una ragazza poco più che trentenne, con una carriera e una vita avviate a Colonia, che fa ritorno improvvisamente a Ossuccio, il paesino sul lago di Como in cui è nata. Ad aspettarla, la madre Margherita, che vive ormai sola nella dimora che fa da sfondo alle vicende dell'intero romanzo: la villa delle farfalle. Anita e Margherita sono due donne apparentemente agli antipodi, con un rapporto coronato senz'altro da un affetto interiore, che però non viene mai esternato. D'altra parte, Anita ha sempre nutrito un legame speciale con sua nonna, Lucrezia, colei che per prima ha dato vita al farfallario grazie al suo amore per questi affascinanti insetti.

Dopo la morte del padre Urs, il collante che le teneva unite si è improvvisamente disperso: ciò che resta sono una madre e una figlia che faticano a restare unite, soprattutto per via dei segreti che serbano entrambe e che non riescono a esternare l'una all'altra. Tutto cambia, in maniera repentina, con l'apparizione di Yoko, una bambina giapponese dai lunghi capelli neri. E' lei il punto di svolta nell'intera vicenda, colei che senza saperlo inizia a far crollare, un tassello dopo l'altro, il muro di segreti che ha ammorbato la vita delle protagoniste.

Yoko è una bambina molto particolare, che ha dalla sua il candore e la schiettezza della giovane età. Anche lei, come Anita, ha perso le tracce del suo passato, l’affetto sincero di un abbraccio di una madre, una voce suadente che le racconti le favole della buonanotte. Tuttavia ha un padre amorevole e una nenia che intona spesso quando si sente sola, per spazzare via tutta la nostalgia che l’assale. Questa improvvisa corrispondenza d’amorosi sensi con Anita e il trasporto sentimentale che entrambe hanno per le farfalle le unirà nel progetto di rimettere in sesto il farfallario di nonna Lucrezia, così come lei desiderava. 

E nel rimettere a posto quella serra di piante tropicali e di crisalidi, iniziano a scoprire così tante cose in comune e così tanti segreti che rimettere tutti i tasselli al posto giusto diventerà molto faticoso, perché venire a patti con la realtà, spesso, è piuttosto doloroso. La realtà di Lucrezia anzitutto, di una vita di cui Anita non sospettava neppure l'esistenza. Complici le pagine del diario della nonna, donatele da Margherita, la ragazza scopre per la prima volta cosa significhi vivere durante la guerra, in una casa costretta ad accogliere il nemico tedesco, con una madre perennemente affranta per il timore verso i due figli maschi, l'uno schierato dalla parte dei repubblichini, l'altro da quella dei partigiani. E soprattutto con il primo amore, verso un uomo che mai e poi mai avrebbe pensato di poter amare: Will, un ufficiale tedesco.

Ci sono amori che sono come piante bellissime: crescono in mezzo al fango, inizialmente non visti. Ma poi sbocciano e tutti si rendono conto della meraviglia che si sono persi. E ne diventano quasi gelosi. Allora possono decidere: proteggere la bellezza o distruggerla. Il loro amore era così. Per quanto facessero, per quanto provassero, ci sarebbe stato sempre qualcun altro in mezzo a loro. Qualcuno poco propenso ai fiori nati sul selciato.

Solo le farfalle e il loro spirito indomito, da sempre in mezzo ad ogni evento importante di questa grande famiglia, riescono a lenire e a curare prima Lucrezia, poi Anita, infine Yoko. Non Margherita, però, una donna che ha sempre detestato i lepidotteri perché le avevano portato via l’affetto di sua madre, più incentrata a custodire e coltivare crisalidi che non sua figlia. Perché Margherita aveva gli occhi di Will e riflettersi in lei era come tuffarsi in un passato che non avrebbe mai visto un futuro. E sarà proprio lei, Margherita, in uno slancio affettivo verso Anita, mossa dall’esigenza di liberarsi delle vesti dei fantasmi del passato, a raccontarle tutta la storia non scritta, il perché di tanti rancori, dell’amarezza nei confronti della dinastia delle donne giapponesi cui sono legate. Margherita è dunque la chiave di volta di una vicenda rimasta fin troppo tempo chiusa in un bozzolo. Una storia che aveva bisogno di essere raccontata, che sentiva la necessità di essere svelata per poter finalmente sentirsi libera di volare come ali di farfalla. 



Con un'alternanza di punti di vista, tra presente e passato, Silvia Montemurro dà vita ad un romanzo profondo e abilmente intrecciato, popolato da donne che dalla loro fragilità hanno saputo trarre la loro più grande forza. Ad aprire ogni capitolo, una specie diversa di lepidottero: da quelli più comuni a quelli più rari, di ognuno dei quali vengono descritte le caratteristiche somatiche e comportamentali, e che fungono da incipit e massime di vita legati alle storie delle protagoniste.
Il punto di forza di questo romanzo non è dato però solo ed unicamente dalla coralità e dalla femminilità della storia, ma dalla storicità e dalla veridicità di alcuni elementi di essa. Fra queste pagine trovano voce la durezza dei tempi del fascismo, i moti partigiani, il senso effimero della vita che si avvertiva, ma soprattutto l’umanità che si era fatta strada, come un fiore nel deserto, fra tanta desolazione. Silvia Montemurro è riuscita a toccare tutte le corde del cuore, pizzicandole ad una ad una con la grazia e la musicalità del suono di un’arpa.

A coronare il tutto, una scrittura ammaliante e impalpabile come il battito d'ali di una farfalla, che si insinua nella mente del lettore lasciandolo desideroso di proseguire. Una trama perfettamente concepita e un susseguirsi di vite, che rimangono scolpite nel cuore di chi le legge per la veridicità dei contesti nei quali sono inserite. Emozioni tangibili, sentimenti reali, pagine tragiche della nostra storia di italiani: La casa delle farfalle di Silvia Montemurro è una vera perla della narrativa italiana contemporanea.

E come una perla preziosa questa storia va custodita gelosamente nella propria libreria, per essere riletta ogni volta che si sente l’esigenza di assaporare un senso di libertà.

A SPASSO CON ...
Anita 


Nel farfallario di nonna Lucrezia, a leggere il vademecum di come si costruisce e ci si prende cura delle farfalle, a scoprire i segreti di famiglia, ma soprattutto ad imparare a non prendersi troppo sul serio perché si possa essere davvero felici.



1 commento

  1. Avete davvero centrato il punto del mio romanzo. Grazie di cuore anche per le stupende immagini e soprattutto per le parole. Sono emozionata

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