Recensione: Gli Immortalisti - Chloe Benjamin

È uscito il 26 giugno, in Italia, il nuovo romanzo della californiana Chloe Benjamin, acclamatissimo oltreoceano. La casa editrice Rizzoli ha scelto di presentarlo con una domanda che, sin da subito, cattura l’attenzione: “Se ti dicessero il giorno in cui morirai, come vivresti la tua vita?”

Titolo: Gli Immortalisti
Autore: Chloe Benjamin
Titolo originale: The Immortalists
Editore: Rizzoli
Genere: Narrativa
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TRAMA

Forse non sarebbe successo niente se non fossero stati nel cuore dell'estate, con un mese e mezzo di noia umida alle spalle e un altro mese e mezzo davanti. In casa non c'è aria condizionata e quest'anno - l'estate del 1969 - sembra che stia succedendo qualcosa a tutti tranne che a loro, i fratelli Gold. Mentre gli altri si sballano a Woodstock, New York non offre loro altro che un incontro con una veggente che, si dice nel quartiere, sarebbe in grado di predire la data di morte. I quattro ragazzi ci vanno, per gioco, per vestirsi di paura, per fare la rivoluzione a modo loro. Bussano alla porta della donna, entrano uno per volta, ed escono con una data. Nient'altro. Simon, Klara, Daniel e Varya sono figli di una famiglia di commercianti ebrei, sono il frutto di una storia dolorosa e felice insieme, ramificata tra Europa e Stati Uniti, e probabilmente non sono diventati quello che i genitori avrebbero voluto. E dopo quel giorno d'estate della loro adolescenza, marchiato da quel numero indimenticabile, niente sarà più come prima. I sogni e i progetti saranno altri. Non peggiori, diversi. Chloe Benjamin ha entusiasmato pubblico e critica americani con una storia che riesce a scaldare e a porre a ognuno la stessa, inevitabile domanda: cosa faresti se sapessi quando tutto finirà? Mentre osserviamo i quattro protagonisti crescere e diventare adulti ne vediamo la forza e le profondissime fragilità e li sentiamo vicini. Non è facile emozionarsi, oggi. Ma i fratelli Gold sono uomini e donne che non potremo dimenticare, vite incerte che ci riguardano, un intero sistema di affetti familiari inesorabile e commovente.

RECENSIONE

«Se sono cattive notizie? Se ti dice che morirai prima di diventare grande?»
«A quel punto sarebbe meglio saperlo. Così potresti fare tutto prima»

È l’estate del 1969 a New York quando i quattro fratelli Gold decidono di fare qualcosa di rivoluzionario a modo loro: recarsi da una veggente in grado di predire la morte. 
Per gioco, per sfida, per noia; uno alla volta, entrano nel piccolo appartamento maleodorante della donna e ne escono con una data: il giorno della loro morte.
Termina il prologo, e inesorabili arrivano le domande: cos’avrei fatto io? Cos’avreste fatto voi? Meglio sapere e vivere in funzione di un giorno specifico che pende come una spada di Damocle sulla nostra testa, oppure rimanere nell’incertezza del giorno in cui cesseremo di esistere?
I quattro protagonisti affronteranno in modi diversi l’evento che ha segnato la loro infanzia, seppure con un comune denominatore: il ricordo inesorabile della data della loro morte.
Simon è il più piccolo ed è legato particolarmente a Klara, poco più grande di lui. È cresciuto all’ombra di tre fratelli che sembravano avere le idee chiare sul loro futuro, con la continua sensazione di non poter esprimere al meglio se stesso, a partire dalla propria sessualità. Per questo si lascia convincere da Klara a seguirla in un folle trasferimento dall’altra parte del paese, a San Francisco: senza soldi e senza mezzi, si trovano a fare i lavori più disparati per tirare avanti. Ma in una città in cui essere omosessuali non è un caso raro, e soprattutto lontano dal resto della famiglia, perché porsi dei limiti? Con la consapevolezza del giorno in cui morirà, perché affannarsi tanto dietro una vita che ha una scadenza segnata?

Odia la veggente per avergli svelato il suo destino e odia se stesso perché le crede. Se la profezia è una palla al piede, crederci è la catena; è la voce nella sua testa che gli dice: “Muoviti”, “Più in fretta”, “Corri”.

Dal canto suo, Klara è colei che sin da piccola sapeva cosa avrebbe fatto una volta cresciuta: l’illusionista. La magia per lei non è una forma di inganno, non è divertimento a spese di un pubblico che si affanna a capire dove sta il trucco, ma è il modo attraverso il quale esprime se stessa, un privilegio che consente di apprezzare al meglio le cose di tutti i giorni arricchendole del senso del meraviglioso. 
A condizionare la sua vita non è tanto la data della sua morte, ma il senso di colpa nell’aver trascinato il fratello più piccolo con sé a San Francisco, segnandone, a suo parere, il percorso di autodistruzione che ha messo in atto. Più passano gli anni e più si fa sottile il confine tra realtà e fantasia: cos’è un’illusione? Perché non può essere essa stessa la traccia di qualcosa che sfugge a chi non crede nella magia? 

Klara ha sempre saputo che il suo ruolo era quello di fare da ponte: tra la realtà e l’illusione, il presente e il passato, questo mondo e il prossimo. Deve solo capire come.

Daniel è il terzo dei fratelli Gold, ed è anche colui che li ha trascinati nell’avventura di Hester Street e all’incontro con l’indovina. Non ha creduto alla profezia, né ha immaginato l’effetto che essa potesse avere su un animo diverso dal suo. Deciso a diventare medico, lascia presto la famiglia per studiare, accantonando il senso di colpa derivante dal non essere presente per sua madre e i suoi fratelli, tanto più dopo la morte del padre. Come molti di noi hanno imparato a proprie spese, spesso quando ci si rende conto di errori protratti nel tempo è troppo tardi per porvi rimedio, oppure la paura di essere inadeguati impedisce di fare qualcosa. E allora piuttosto che agire sul torto commesso, si prendono strade che lo costeggiano, imputando le colpe a persone o eventi che non sono all’origine di tutto. Per Daniel è la veggente l’origine del male: in qualche modo, è stata lei con i suoi inganni e le sue parole a determinare le vite di tutti loro. E poco importa se non ha voluto nemmeno denaro in cambio: loro erano bambini, non avrebbe dovuto gravarli di un peso così imponente, anche se basato su una menzogna.


Varya è la più grande, e come tale è colei che più si colpevolizza per non aver dissuaso i fratelli dal recarsi dalla donna di Hester Street. Un senso di colpa che però sublima attraverso uno stile di vita metodico e abitudinario, salutare ai limiti della rinuncia definitiva ad un’esistenza spensierata. Biologa, lavora per anni ad una ricerca sui modi per contrastare l’invecchiamento, condotta sui primati. Ammorbata da un disturbo ossessivo compulsivo che ha condizionato la sua intera esistenza, Varya vive in una routine sempre uguale, travolta dalle sue stesse paure di contaminazione e conseguente morte. 

Mentre era nell’appartamento della rishika, Varya era sicura che fosse una truffatrice, ma quando era tornata a casa la profezia si era fatta strada dentro di lei come un virus. Aveva visto succedere la stessa cosa ai suoi fratelli: era evidente negli sprint di Simon, negli scoppi di ira di Daniel, nel modo in cui Klara si estraniava, allontanandosi da loro. 
Forse erano sempre stati così. O forse sarebbero comunque diventati così.

Tra i quattro, Varya sarà l’unica ad apprendere l’importanza del dubbio e di una vita all’insegna dell’incertezza: comunicando a qualcuno la data della propria morte, è come se gli si togliesse il libero arbitrio. Perché quella persona non saprà mai se le scelte che adotterà e lo stile di vita che perseguirà siano dettati dall’autenticità dei momenti vissuti volta per volta o dall’inesorabilità di una fine fissata ad un giorno specifico. Che avessero scelto di credere o meno alla profezia, essa sarebbe comunque rimasta impressa a fuoco nella loro mente, attecchendo in maniera più o meno malsana in base al carattere della persona in questione. 
“Il carattere è destino”, diceva Eraclito. E Chloe Benjamin in questa saga familiare, che percorre le vite dei Gold per decenni, è abilissima nel dimostrarlo. Perché sì, la profezia ha segnato le rispettive vite dei protagonisti, ma allo stesso tempo è stata anche ora l’alibi ora il pretesto per perseguire scelte che, inevitabilmente, hanno finito per confermarne la veridicità.
Ammaliante e angosciante, crudo e illuminante: Gli immortalisti di Chole Benjamin, selezionato tra i migliori romanzi del 2018 dalle più importanti testate giornalistiche, è un libro che non si dimentica. Con una scrittura impeccabile, l’autrice ci trascina nella storia mediante un prologo a cui fanno seguito quattro parti, ciascuna dedicata a uno dei protagonisti: Simon, Klara, Daniel, Varya.
Non sono necessarie ulteriori parole per consigliarvelo: la scelta della Rizzoli è stata impeccabile anche sulla copertina. E questo è uno dei rari casi in cui acquistando un libro perché attratti da essa, sarà una piacevole sorpresa adorarne anche il contenuto.

A SPASSO CON ...
Simon, Klara, Daniel e Varya nel Lower East Side di Manhattan


Il luogo in cui sono nati e cresciuti, ma anche l’ultimo dove sono stati tutti e quattro insieme.


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